«Perché... si sta a casa».
«E, ma perché?».
«Perché... non è domenica!».
«Ha ragione la vostra amica, domani non è domenica né sabato e allora chi sa dirmi perché staremo a casa?».
«Boh!».
«Domani staremo a casa perché è la festa del lavoro. Che cosa vuol dire?».
«Che è la festa del lavoro».
«Ma che cosa vuol dire? Allora, il lavoro è importante o no?».
«Sììì... ».
«Mio papà non c'ha più il lavoro e adesso è sempre al bar e mia mamma grida, perché dice che non deve più andare al bar, ma mio papà ci va e porta anche me e prende le sigarette».
«Anche mio papà adesso c'hanno chiuso dove va a lavorare, e lui, però, non va al bar».
«Bambini, il lavoro è molto importante, perché quando si lavora si fa qualcosa di importante e di utile e poi si prendono i soldi... ».
«Sì, anche mia mamma prende i soldi, glieli dà quella lì che va a lavorare».
«E con i soldi che cosa si fa?».
«Si compra le figurine».
«Mia mamma mi compra quelle degli animali».
«Bambini, con i soldi, prima di comperare le figurine, si possono comperare tutte le cose da mangiare e i vestiti e le medicine e poi si deve pagare anche la luce e la casa...».
«Mio papà deve comprare la macchina nuova e costa tanti soldi».
«È vero, la macchina costa tanti soldi e se il papà o la mamma non hanno il lavoro come fanno a pagarla? Il lavoro è così importante che un giorno all'anno si fa la festa per lui, per il lavoro. Ecco perché domani staremo a casa: per festeggiare il lavoro. Avete capito?».
«E tu che lavoro fai?».
«Non sapete che lavoro fa Sinforosa?».
«Ma fa la maestra! Io lo so. Anch'io faccio la maestra, però quelle dell'anno scorso volevano fare la maestra anche loro e vogliono venire in questa aula e io non posso».
«Quando Sinforosa sarà vecchia, e non verrà più a scuola, magari verrai proprio tu e le tue amichette che sono andate alla Primaria, va bene?».
«Si».
«Adesso, bambini, facciamo un gioco. Ognuno di voi racconterà il lavoro che vorrebbe fare quando sarà grande, va bene?».
«Sììì... ».
«Comincia tu».
«Io faccio il pompiere».
«Io il puliziotto».
«Io faccio i cancelli, come mio papà».
«Io la ballerina».
«Io la principessa... » e via discorrendo.
sinforosa castoro
purtroppo molti son disoccupati come i padri dei tuoi 2 alunni
RispondiEliminaNon solo quelli, credimi, principessa Claudia. Questi che propongo, sono solo stralci di conversazioni molto più lunghe e complesse. Sono soprattutto i papà, in questi ultimi tempi, a perdere il lavoro e la perdita del lavoro comporta sempre un cambiamento nei rapporti personali tra i familiari. I bambini assorbono queste realtà e le "buttano fuori" con le loro parole ed emozioni. Sta all'insegnante calibrare le domande per non invadere quell'intimo personale del bambino, che deve rimanere privato, anche se loro, i bambini, non desiderano altro che poter essere ascoltati.
EliminaCiao e grazie
sinforosa
Gentile sinforoso c, il raccontino mi è sembrato un po' scontato, non me ne voglia, la prego, mi permetto solo una piccola osservazione, fuori testo: un falegname che lavora a modo oggi lo si trova, si fa pagare il giusto, spero, e invidio quelli che hanno dei figlioli a cui tramandare il mestiere.
RispondiEliminaBuon primo maggio anche a Lei, ringraziandola per l'attenzione che a volte mostra nei confronti di uno sconosciuto che la stima.
Frank Spada
Gentile Frank, anzitutto grazie per l'attenzione.
EliminaQuesto non è un raccontino, come dicevo alla lettrice Claudia, è uno stralcio di conversazione. Conversazioni che faccio quotidianamente a scuola con i miei bambini e bambine. Sono conversazioni scontate, concordo, ma sono le parole dei bimbi sulle realtà e quotidianità della vita. A me, personalmente, emozionano e arricchiscono sempre, perché, oltre a essere spontanee e dettate da quell'universo interiore di un bambino o bambina, frutto di tutte quelle esperienze vissute o "subite" in casa, a scuola e negli ambienti che frequentano, sono una fotografia di come un bimbo viva le realtà che lo circonda.
Ho citato le parole di quei due bimbi i cui papà hanno perso il lavoro ma, mi creda, ce ne sono molti altri. Lavori come il pizzaiolo, il muratore, l'operaio, be', sono spariti e i bambini a scuola raccontano. Pensi che un giorno, un bimbo di cinque anni, a un certo momento della giornata, è scoppiato a piangere. Il motivo? «Mio papà va via di casa, perché mia mamma non lo vuole più perché non ha più il lavoro».
C'è voluto un bel po' di pazienza per convincerlo che forse aveva assistito solo a un litigio fra genitori.
Grazie ancora
sinforosa
Il tuo Sinforosa è un lavoro molto apagante ma senza dubbio molto difficile. Fare discorsi da grandi ai bambini e farli con parole che loro possano benissimo comprendere, ascoltare e capire nel profondo le loro risposte... Chapeau!
RispondiEliminaIo ti seguo e ho notato come tu spieghi loro le cose. Con semplicità ma chiamando le cose col loro nome. Facendo anche un po' forse da
psicologa/consigliera/mamma bis...
e con la tua passione riesci ad interpretare e loro parole di bambini, di futuri adulti. Non è da tutti riuscire in questo compito!
Un bacione Patricia
Grazie mille Particia. Vedo che hai colto la bellezza delle parole dei bimbi, perché dietro quelle loro parole c'è tutto un mondo.
EliminaSì, non è sempre facile, anche perché ho sempre il timore di non riuscire a dare a ciascuno l'attenzione che si merita, ma è entusiasmante, davvero.
Ciao e buona serata
sinforosa
Troppo carini questi bambini..
RispondiEliminaSeguo sempre con infinita gioia questi tuoi racconti perchè, non ci crederai, ma mi insegnano moltissime cose...
Bacio super mia cara!
Troppo carina tu. Grazie per quello che dici.
EliminaSono contenta che il pianeta bambino insegni qualcosa a qualcuno.
Ciao ciao
sinforosa
Concordo con Nella. I bambini hanno occhi non contaminati ancora. Ci aiutano a vedere quello che noi non vediamo più!
EliminaBen detto, Patricia. I bambini insegnano.
Eliminasinforosa
Ciao Sinforosa, ti ho taggata qui
RispondiEliminaAbbraccione!
Corro.
EliminaCiao ciao
sinforosa